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  • Negazionismo turco

A un secolo di distanza la Turchia moderna continua a negare il genocidio armeno. Fino a qualche anno or sono sosteneva che non vi era stato alcun genocidio perché gli armeni non erano mai esistiti nella regione anatolica.

Con pazienza, meticolosamente, ha cercato di cancellare, senza riuscirci completamente, ogni loro traccia. Poi, quando tale tesi non era più sostenibile, la Turchia ha lanciato quella della guerra civile. La guerra c’era davvero, la Prima Mondiale, ma è stata solo la cartina di tornasole per coprire il grande massacro.

La Turchia continua ogni anno a spendere milioni di dollari per portare avanti le tesi negazioniste, minaccia boicottaggi politici ed economici verso gli stati che si azzardano a riconoscere ufficialmente il Grande Male. Nelle scuole elementari turche circolano libretti nei quali gli armeni vengono definiti come mangiatori di bambini (sic!).

Attraverso il famigerato art. 301 del codice penale turco (“Attentato alla turchicità dello stato”), le autorità turche hanno perseguito penalmente tutti coloro (giornalisti, scrittori, editori, professori) che hanno osato fare riferimento al genocidio armeno. Anche il premio Nobel per la letteratura Pamuk è stato messo sotto processo per alcune frasi contenute nei suoi libri.

La paura di essere giudicata colpevole, un orgoglioso nazionalismo, una maturità democratica ancora non pienamente raggiunta, determinano, ancora oggi, l’atteggiamento negazionista delle autorità di Ankara, nonostante sempre più vasti settori della società turca comincino ad opporsi alla “verità” di stato.

È un fatto purtroppo indubbio che in ogni parte del mondo qualunque iniziativa di appoggio al diritto alla Memoria del popolo armeno vedrà in prima fila un diplomatico turco pronto a minacciare gravi ritorsioni. Succede anche in Italia e questa è un’ingerenza che i cittadini italiani non possono in alcun modo accettare.

Chi rimane in silenzio, chi si volta dall’altra parte solo per salvare qualche contratto commerciale, diviene complice morale dei carnefici di cento anni fa.

Possiamo leggere sul sito dell’ambasciata turca a Roma:

“La Turchia è stata chiamata la “culla della civiltà” e viaggiando attraverso questa antica terra i turisti potranno esattamente scoprire il significato di questa frase. La prima città del mondo, la neolitica Catalhoyuk, risale al 6500 a.C. e da allora fino ai  nostri giorni la Turchia può vantare una cultura ricca e affascinante che ha segnato profondamente la civiltà moderna. L’eredità delle molte culture fanno della Turchia un paradiso di ricchezza storica e culturale inestimabile. Hattis, Ittiti, Frigi, Urartici, Lici, Lidi, Ioni, Persiani, Macedoni, Romani, Bizantini, Selgiuchidi e Ottomani hanno lasciato dei contributi importanti alla storia della Turchia e gli antichi siti e rovine sparse lungo tutto il paese sono le prove distinte di ogni singola civiltà”.

Di tutti i popoli citati ne manca uno, quello armeno…

In alcuni Paesi, come ad esempio la Francia e la Svizzera, negare il genocidio (ogni genocidio, compreso quello armeno) è un reato. In Italia il Senato della Repubblica ha approvato (febbraio 2015) il ddl dal titolo “Modifica all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, e modifica all’articolo 414 del codice penale“. Il provvedimento deve essere votato dalla Camera dei Deputati.

L’Articolo 301 del codice penale turco

La versione originaria dell’Articolo 301, risalente al 2005, prevedeva:
– Una persona che diffama pubblicamente la “Turchicità” o la Repubblica sarà punibile con la prigione da sei mesi a tre anni.
– Una persona che diffama pubblicamente il Governo della Repubblica turca sarà punibile con la prigione da sei mesi a due anni.
– Nei casi in cui l’offesa venga commessa da un cittadino turco residente in un altro paese, la pena sarà incrementata di un terzo.
Le pene per i trasgressori erano:
– Insultare il presidente: da uno a quattro anni di prigione. Se il reato viene commesso tramite stampa la pena è aumentata di un terzo.
– I Crimini commessi tramite internet contro il regime costituzionale saranno puniti secondo determinati Articoli del codice penale turco e possono includere il carcere a vita.
– La pubblicazione di annunci e la diffusione di dichiarazioni di organizzazioni terroriste tramite internet saranno punite secondo la legge Anti-Terrorismo con una pena da uno a tre anni di prigione.

Nel 2008 l’articolo 301 del Codice Penale Turco è stato riformato anche in conformità a un’espressa richiesta dell’Unione Europea.
Mentre con il vecchio testo era punibile chi offendeva genericamente la “identità turca”, col nuovo sono punibili solo coloro che offendono lo Stato turco e gli organi costituzionali. Viene inoltre prevista una riduzione della pena edittale massima da tre a due anni e la decisione circa l’eventuale apertura di un procedimento giudiziario viene sottratta ai singoli giudici per essere affidata al Ministro della giustizia.

Il genocidio

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